Come ormai noto, il 15 Luglio scorso è entrata in vigore, dopo quasi tre anni di tribolazione, la nuova disciplina inerente le procedure di rilevazione e risoluzione delle situazioni di crisi ed insolvenza d’impresa.
Tra le novità, il D.Lgs. n.14/2019 con le successive modificazioni, ha introdotto un nuovo approccio alla gestione delle sofferenze delle imprese, spostando lo sforzo nell’anticipazione di tali situazioni.
In particolare, si è voluto integrare il 2380bis del Codice Civile imponendo in capo agli Amministratori, l’obbligo di cui al 2086 cc: “tutti gli imprenditori, che operino in forma societaria o collettiva, hanno il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Ad onor del vero, i riferimenti alla predisposizione di adeguati assetti erano stati introdotti già dalla riforma del diritto societario nel 2004, al 2381 c.c. con riguardo agli obblighi degli Amministratori Delegati ed al 2403 c.c. in ordine ai doveri di vigilanza del collegio sindacale.
Tuttavia, ora gli assetti devono assumere una curvatura funzionale anche, per non dire soprattutto, alla prevenzione e gestione della crisi d’impresa.
Questo nuovo dirottamento del focus del legislatore è dovuto al mutamento di paradigma concettuale e culturale abbandonando la visione della crisi come una colpa da sanzionare ma abbracciando una normalizzazione della crisi come momento fisiologico di un’attività pericolosa com’è la gestione d’impresa.
La legge affida il contenuto dell’obbligo ad una clausola generale che è quella dell’adeguatezza (alla natura e dimensione) e dunque, la struttura organizzativa dev’essere calata nel singolo contesto ed in esso se ne valuterà il rispetto dell’adeguatezza appunto richiesta.
A tal proposito, Per poter al meglio stabilire il contenuto che si ritiene opportuno alla propria realtà, bisogna innanzitutto comprendere il significato degli assetti, e dunque, con riguardo agli Assetti Organizzativi, essi guardano l’impresa da una prospettiva statica e quindi per ritenerlo soddisfatto è fondamentale predisporre e rendere noto un esaustivo e realistico organigramma che possa agevolmente individuare una chiara definizione di gerarchie, di competenze, di compiti e di responsabilità distribuite all’interno della società.
Gli Assetti Amministrativi vanno considerati invece da una prospettiva dinamica e riguardano le procedure ed i processi di scambio di informazioni e assunzione di scelte e in generale le procedure atte ad assumere scelte in materia gestoria.
In questo senso, entrando quindi nell’ottica della prevenzione e della gestione della crisi vengono in soccorso un insieme di prassi operative che possono essere poste alla base dei processi decisionali aziendali.
Sommariamente, si ritiene necessario provvedere a verbalizzare sempre le decisioni prese premurandosi di aver esposto i benefici ed i rischi ed argomentando le ragioni per le quali si è presa una scelta rispetto alle alternative.
I verbali, insieme ad altre comunicazioni, verifiche e documenti di ogni tipo, volte in ogni caso a garantire la genuinità delle decisioni assunte, devono preferibilmente essere effettuate per mezzi che certifichino la data certa di tal modo da incrementarne la tracciabilità e poter anche eventualmente dimostrare l’intervento solo posteriore di circostanze imprevedibili e non gestibili quale è stata la pandemia da Covid-19 o l’attuale crisi energetica.
Gli Assetti Contabili si possono ritenere soddisfatti nell’avere predisposto un sistema che riesca a rilevare e tradurre in maniera corretta i fatti di gestione ed a tradurli numericamente tramite rendiconti attuali, prospettive future, budget e business plan (consultivo e pianificazione e programmazione).
É bene rammentare che l’inosservanza di tali obblighi costituisce ragione per successive azioni di responsabilità verso gli amministratori, cui potrebbero aggiungersene di ulteriori qualora si dimostri che i suddetti inadempimenti abbiano generato un danno patrimoniale, in particolare quando tale danno abbia reso il patrimonio sociale insufficiente a soddisfare i diritti dei creditori.
Alla luce di ciò, appare opportuno discutere dei soggetti maggiormente gravati da tale responsabilità.
Nel rapporto inter-organico tra Assemblea ed Amministratori, l’Art. 2380bis c.c. afferma che la competenza “esclusiva” appartiene agli amministratori. Non sono ammissibili pertanto interferenze dei soci benché la creazione di assetti adeguati investa scelte imprenditoriali che possono incidere sul patrimonio della società in termini di costi- benefici.
Nei rapporti intra-organici, ovvero all’interno del CdA, il Comitato Esecutivo e gli Amministratori Delegati curano gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili perché questi siano adeguati con la natura e le dimensioni dell’impresa.
Naturalmente, in assenza di delega, questa competenza compete al CdA; ma per converso i problemi più significativi si sono posti rispetto alla presenza di deleghe parziali o alla presenza di una pluralità di organi delegati poichè l’Art. 2381 c.c. parte dal presupposto che la delega sia generale.
Essendo necessaria una gestione uniforme al fine di evitare contraddittorietà, non univocità o imparzialità dell’assetto, in caso di delega parziale bisogna per forza ritenere che gli assetti li debba curare il CdA.
Se invece è possibile individuare tante deleghe parziali che non fanno altro che ripartire su più consiglieri l’intero delle soluzioni gestorie allora potranno ritenersi gravati, con riguardo alle materie attribuite, ai vari soggetti l’obbligo di curare i rispettivi assetti di competenza.
Sempre a mente dell’art. 2381 c.c. i deleganti devono valutare la qualità e l’adeguatezza degli assetti
La cautela vorrebbe che, a valle dell’informazione, ci fosse una delibera poiché in assenza, in future azioni di responsabilità, si potrebbe desumere sempre un giudizio positivo.
In ultimo, si segnala il già citato Art. 2403 c.c. dove si prescrive che, ove presente, il collegio sindacale vigili sull’adeguatezza degli assetti. Con il Codice della Crisi, all’Art 14 si è ritenuto di affiancare anche un ulteriore scrutinio di secondo grado da parte del collegio sindacale, ovvero di vigilare sul fatto che gli amministratori costantemente valutino l’adeguatezza degli assetti.