Crisi e risanamento 2019
LE PROPOSTE CONCORRENTI: BREVI NOTE SUL DECRETO DEL TRIBUNALE DI PESCARA DEL 19.07.2018
di Paolo Borrelli – Avvocato
Il fatto. La decisione del Tribunale. La complessità redazionale dell’art. 163 bis LF. Le conseguenze di una interpretazione che non rispetti il dato letterale e logico della norma. Conclusioni.
Il fatto.
La società Alfa snc, che svolge l’attività di lavanderia industriale, decide di predisporre domanda di concordato preventivo. Deposita pertanto domanda ex art. 161 VI comma L.F. e avvia un procedimento di fusione con la propria gemella Alfa s.r.l. che si perfeziona all’interno della procedura stessa. Concluso il procedimento di fusione, la società rinuncia alla procedura concorsuale, principalmente al fine di valorizzare al massimo l’azienda “lavanderia” e salvaguardare i livelli occupazionali nonché valorizzare beni e cespiti aziendali che, in caso di cessazione dell’attività, avrebbero perso integralmente valore.
A tal fine, individua un soggetto terzo con il quale decide di stipulare un contratto di affitto d’azienda con patto di futura vendita; deposita, quindi, domanda di concordato che prevede la liquidazione integrale degli assets immobiliari nonché l’affitto e successiva cessione dell’azienda; in conseguenza del predetto contratto, trasferisce i dipendenti al terzo affittuario acquirente.
Il Tribunale di Pescara, con un primo decreto del 30.11.2017, formula una richiesta di integrazione al piano depositato dalla ricorrente, con invito alla modifica del contratto di affitto stipulato con l’inserimento di una clausola risolutiva espressa collegata all’aggiudicazione dell’azienda ad un soggetto diverso dall’attuale affittuaria, in applicazione della disciplina delle offerte concorrenti di cui all’art. 163 bis L.F..
Giustifica tale richiesta, da un lato sull’assunto che in tal modo verrebbe garantita l’appetibilità della vendita da parte di terzi che altrimenti non avrebbero interesse all’acquisto di un’azienda gravata da affitto e dall’altro sul presupposto che verrebbe in ogni caso garantita la prosecuzione del programma contrattuale già elaborato (l’uso dell’azienda per tutta la durata concordataria) nel caso in cui fosse la stessa a rendersi aggiudicataria dell’azienda.
La società affittuaria non acconsente alla modifica del contratto nei termini richiesti.
Il Tribunale di Pescara, con decreto del 26.4.2018, ammette la società alla procedura di concordato ed impone lo svolgersi delle procedure competitive di cui all’art. 163 bis LF., formulando espressa richiesta al terzo offerente affittuario di (i) eliminare ogni condizione temporale apposta all’offerta irrevocabile di acquisto al fine di consentire l’esperimento della procedura competitiva di cui all’art. 163 L.F:; (ii) eliminare qualsiasi riferimento ai pagamenti eventualmente effettuati dall’affittuaria per TFR maturato antecedentemente alla presa in carico dei dipendenti per effetto dell’affitto di azienda, al fine di non incorrere nella violazione dell’ordine legittimo delle causa di prelazione; (iii) eliminare qualsiasi riferimento alla detrazione del prezzo di acquisto dei canoni di locazione già versati per le mensilità antecedenti alla aggiudicazione della cessione dell’azienda, al fine di evitare una inammissibile anticipazione degli effetti della cessione rispetto alla reale data di aggiudicazione.
Nessuno partecipa alla procedura competitiva e la società affittuaria acquirente non si adegua al decreto del Tribunale.
La decisione del Tribunale.
Il Tribunale di Pescara, in composizione collegiale, con decreto del 19.07.2018, revoca il decreto del 26.04.2018 con il quale aveva fissato l’udienza del 26.07.2018 per l’adunanza dei creditori ed apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato preventivo, ai sensi dell’art. 173 L.F.
Il provvedimento di revoca viene assunto in ragione del mancato adeguamento dell’atto di affitto con patto di futura vendita, da parte della società terza, alle condizioni stabilite dal Tribunale stesso ed in ragione della mancanza di altre offerte di acquisto.
Ritiene infatti il Tribunale che il mancato adeguamento alle caratteristiche minime di cui all’art. 163 bis L.F. , volto ad assicurare la comparabilità con eventuali altre offerte, unito alla circostanza che tale futura vendita fosse sottoposta alla condizione della scadenza del contratto di locazione e ancora al fatto che nel contratto venissero imputati in conto prezzo i canoni versati per la locazione, alterasse la competitività e rendesse inefficace l’atto originario e di conseguenza inammissibile la proposta e il piano concordatario.
In particolare il Tribunale espressamente stabilisce:
“E’ necessario che tale offerta originaria presenti comunque le caratteristiche minime prescritte dall’art. 163bis L.F., che ne assicurano la comparabilità con eventuali altre offerte” ritiene altresì che il contratto di affitto si pone “in contrasto con il principio di competitività delle vendite di cui agli artt. 182 e 163 bis l.f. … considerato invero che l’art. 182 l.f., così come modificato dalla riforma estiva del 2015, rubricato “cessioni” accanto al primo comma, che disciplina e si riferisce espressamente al concordato liquidatorio, contiene un quinto comma che disciplina invece genericamente, e deve quindi trovare applicazione per tutti i tipi di concordato, le vendite, cessioni e trasferimenti di beni, disponendo che a tutti tali atti posti in essere in qualsiasi fase della procedura di concordato dal deposito del ricorso, anche ai sensi dell’art. 161, VI comma l.f., fino all’omologa, così come per quelli posti in essere in esecuzione dello stesso dopo l’omologa, si applicano gli articoli da 105 a 108 ter l.f. in quanto compatibili, con conseguente attribuzione ad essi del carattere e della natura di vendita forzata in quanto posti in essere dall’autorità giudiziaria e/o sotto il controllo della stessa, indipendentemente dalla volontà del debitore trattandosi di meccanismo posto a tutela dell’interesse dei creditori, come ulteriormente confermato dalla previsione del potere di cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli attribuito al giudice; ritenuto pertanto che la previsione dell’imputazione dei canoni di affitto in conto prezzo, in quanto altera le regole della competitività e della concorrenza tra i potenziali acquirenti, è incompatibile con tali principi, applicabili anche alla procedura competitiva disposta ai sensi dell’art. 163 bis l.f., nonostante l’art. 182 non sia espressamente ivi richiamato, essendo il comma 5, come sopra già rilevato, espressione di un principio generale; che, pertanto, anche sotto questo aspetto, l’offerta irrevocabile d’acquisto presentata dalla ****** risulta essere inefficace; considerato, infine, che il contratto d’affitto d’azienda con patto di futura vendita prevede la possibilità per la ****** di compensare il TFR maturato dai dipendenti della Lavanderia **** antecedentemente alla presa in carico degli stessi per effetto dell’affitto d’azienda, con conseguente possibile violazione dell’ordine legittimo delle cause di prelazione nella misura in cui si tratti di debiti concorsuali; ritenuto, in definitiva, che, non avendo la ****** provveduto ad adeguare la propria offerta irrevocabile d’acquisto alle disposizioni impartite dal Tribunale e al bando di gara, l’offerta originaria risulti inefficace, ciò che comporta l’inammissibilità della proposta e del piano concordatario presentato dalla ***** sulla medesima fondati; considerato che l’art. 173 L.F., ultimo comma, prevede l’apertura d’ufficio del procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato “se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato”;
P.Q.M.
revoca il decreto del 26/04/2018 con cui è stata fissata l’udienza del 26/07/2018 per l’adunanza dei creditori;
apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato preventivo ai sensi dell’art. 173 L.F., che si svolgerà nelle forme previste dall’art. 15 L.F.;
Successivamente dichiarava il fallimento della società.
La complessità redazionale dell’art. 163 bis LF.
Pur comprendendo il richiamo alla nuova formulazione dell’art. 163 bis L.F., è evidente nella sua applicazione nel menzionato decreto il Tribunale raggiunge conseguenze contra jus e lesive della massima recovery per i creditori concorsuali.
La pedissequa e rigorosa applicazione del nuovo dettato normativo “di fatto” si pone a favore di acquirenti, allo stato inesistenti e solo potenziali, ed a discapito invece della massa dei creditori.
Ora, se la ratio dell’art. 163 bis LF è quella di evitare offerte preconfezionate dal debitore al fine di sottrarre scientemente somme ai creditori attraverso offerte che abbiano valori inferiori a quelli di mercato e, altresì, di verificare che il mercato valuti la congruità del prezzo di trasferimento, certamente essa non può dirsi rispettata e soddisfatta qualora dall’applicazione della norma ne derivi una demenutio.
L’art. 163 bis LF ha una formulazione complessa e probabilmente infelice.
La terminologia utilizzata genera confusione laddove, già ad una prima lettura, emerge un utilizzo indistinto di espressioni invece di per sé eterogenee tra loro quali: “offerta”, “offerta irrevocabile”, “contratto”.
In ogni caso, a ben vedere, qualche piccola precisazione può esser fatta.
Al primo comma, l’art. 163 bis parla soltanto di “offerta” mentre al successivo secondo comma, recita: “Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell’azienda, del ramo d’azienda o di specifici beni”.
Successivamente, ai commi quinto e sesto afferma: “5. L’offerta di cui al primo comma diviene irrevocabile dal momento in cui viene modificata l’offerta in conformità a quanto previsto dal decreto di cui al presente comma e viene prestata la garanzia stabilita con il medesimo decreto. 6. Le offerte, da presentarsi in forma segreta, non sono efficaci se non conformi a quanto previsto dal decreto e, in ogni caso, quando sottoposte a condizione”.
Ad una attenta esegesi letterale emerge che ai commi quinto e sesto, laddove si parla di irrevocabilità e di efficacia, la norma rinvia chiaramente alle offerte presentate in aderenza del primo comma dello stesso articolo.
Nulla invece si dice sulla revocabilità di atti o contratti stabiliti tra le parti.
La revoca di atti e/o contratti è prevista soltanto dalle norme sul fallimento (art. 72 e s.s. L.F.) che non sono espressamente richiamate in tema di concordato preventivo ovvero dagli artt. 163 bis LF e ss..
Tale sottile distinzione terminologica, stando ad una corretta interpretazione della norma che sia conforme alla ratio legis ed anche rigorosa e rispettosa del dato letterale, porta a concludere che la modifica del 2015 non abbia voluto equiparare indistintamente tutte le situazioni.
Infatti, se è vero che al secondo comma stabilisce che le disposizioni si applichino ai contratti, è anche vero che non operando più nel prosieguo alcun richiamo a questi e utilizzando termini diversi, non prevede anche per i contratti l’inefficacia invece prevista soltanto per le offerte (che infatti sono da presentarsi in forma segreta e sottoposte a condizione).
I dubbi irrisolti che discendono da tali premesse sono svariati:
- vi è innanzitutto da chiedersi se il contratto di affitto con patto di futura vendita già in essere e parte integrante della proposta concordataria possa ritenersi valido in mancanza di altri offerenti;
- vi è poi da riflettere sull’applicabilità ad un contratto di affitto con patto di futura vendita della disposizione di cui al comma 6 in base al quale sono da ritenersi inefficaci le offerte non conformi al decreto e in ogni caso quando sottoposte a condizione // può valere anche per il contratto l’inefficacia di cui comma 6 perché non conforme al decreto del Tribunale ovvero sottoposto a condizione?
- in caso di risposta affermativa al quesito che precede, vi sarebbe allora da interrogarsi sul rapporto tra l’inefficacia del contratto e l’ammissibilità del piano e segnatamente su quali sarebbero i vulnera arrecati alla procedura dall’esistenza di un simile negozio; // pur nella denegata ipotesi in cui fosse inefficace il contratto, in che modo ciò renderebbe inammissibile il piano concordatario?
- vi è poi da valutare la circostanza insindacabile che l’azienda manterrebbe in ogni caso un valore da sottoporre ad apposita stima e potrebbe essere comunque oggetto di cessione ai sensi dell’art. 182 l.F. // l’azienda non mantiene comunque un valore che andrebbe valutato ed eventualmente oggetto di cessione ex art. 182 LF?
- resta poi da chiedersi se tale offerta sia da considerarsi inefficace nella sua interezza ovvero solo nella parte in cui prevede la futura vendita (per altro obbligatoria e non soggetta a condizione, poiché il contratto espressamente stabisce che “entro la scadenza del periodo di locazione, (07/04/2020) la società terza si obbliga all’acquisto dell’azienda per un corrispettivo da corrispondersi in unica soluzione al momento della stipula dell’atto “) // l’offerta è inefficace nella sua interezza o soltanto nella parte che prevede la vendita (tra l’altro obbligatoria e non soggetta a condizione, poiché espressamente prevede che “entro la scadenza del periodo di locazione, (07/04/2020) la società terza si obbliga all’acquisto dell’azienda per un corrispettivo da corrispondersi in unica soluzione al momento della stipula dell’atto “)?
- infine, sorge spontaneo interrogarsi su quali potrebbero gli effetti sul contratto in essere a seguito della dichiarazione di fallimento, ovverosia se il Curatore è tenuto a revocare il contratto ai sensi degli artt. 72 e ss. della L.F. o se egli torna in possesso dell’azienda // nell’ipotesi di successivo fallimento il Curatore deve revocare il contratto ai sensi dell’art. 72 LF e s.s. o torna in possesso dell’azienda? NON HO CAPITO
Le conseguenze di una interpretazione che non rispetti il dato letterale e logico della norma.
Come si è detto, il Tribunale di Pescara con il decreto in commento ha sposato una interpretazione dell’art. 163bis LF che lascia aperti molti dubbi e perplessità, con conseguenze certamente dannose per la massa.
Infatti, sebbene l’introduzione dell’art. 163 bis L.F. abbia determinato la creazione di un nuovo principio di portata generale secondo cui gli atti dismissivi del patrimonio dell’azienda che ricorra al concordato preventivo debbano necessariamente essere posti in essere mediante il preventivo esperimento di procedure competitive, al fine di garantire la migliore soddisfazione dei creditori ed evitare che le cd. offerte chiuse aprano la strada a condotte fraudolente o la cessione a prezzi non di mercato, non certo può riconoscersi il raggiungimento della funzione garantista e di massima tutela per il ceto creditorio nella rigorosa applicazione della novella normativa ad un caso come quello in esame // non è certo questo che ci occupa ciò cui si riferisce la novella normativa.
Se si pensa, infatti, a cosa si sarebbe verificato in un caso analogo prima dell’introduzione del citato articolo, è agevole rendersi conto che ci si sarebbe trovati di fronte ad un contratto che prevedeva obbligatoriamente il trasferimento dell’azienda a prezzi prestabiliti e garantiti, con un conseguente accrescimento della massa attiva in favore dei creditori.
Per effetto del provvedimento del Tribunale, opposte sono state le conseguente a seguito dell’applicazione dell’art. 162 bis LF nella sua interpretazione più letterale.
Non può certamente ritenersi corretta una interpretazione della norma che apporti uno svantaggio per la massa perché ciò abbiamo visto essere contrario alla ratio stessa avuta di mira dal legislatore.
Si suggerisce pertanto una interpretazione conforme a tale ratio.
Interpretazione confortata dalla decisione del Tribunale di Bolzano, 17 Maggio 2016. Pres., est. Francesca Bortolotti che, in caso di mancanza di offerte, ha ritenuto perfettamente validi i contratti esistenti.
La procedura competitiva prevista dall’art. 163bis LF, in mancanza di offerte, è stata dichiarata inapplicabile e con essa le previsioni ivi contenute.
L’introduzione di una norma a tutela dei creditori, come quella della concorrenza, si ritiene non possa superare il senso e la ratio della norma stessa, nonché mutare la natura pattizia del concordato.
Vi è in ogni caso da rilevare che il legislatore aveva già introdotto una norma di salvaguardia, stabilendo che l’applicazione della nuova disciplina è prevista “in quanto compatibile”.
Il generale principio pertanto ben può essere derogato in specifiche e peculiari ipotesi qualora il ricorso alla procedura competitiva porti a risultati contrari alla massa di creditori.
Non v’è chi non veda come nel caso preso in esame proprio la peculiarità della proposta e dei rapporti di terzietà del soggetto affittuario/acquirente già di per sé avrebbero dovuto far propendere per l’ammissibilità di una deroga al principio generale, evitando il ricorso alle procedure competitive.
Il pregiudizio subito dalla ricorrente unitamente alla massa dei creditori appare grave ed irreparabile.
Di fronte infatti alla possibilità di reperire una certa liquidità da mettere a disposizione della massa, la inefficacia del contratto e la conseguente revoca della procedura produce una perdita di oltre € 400.000,00.
Il Tribunale avrebbe dovuto tenere in debita considerazione il valore della azienda, ai fini della stima dell’attivo concordatario, anche in assenza di adeguamento da parte della società promittente acquirente in virtù di quanto disposto dall’art. 182 L.F..
L’applicabilità dell’art. 182 LF.
Interessante sul punto la tesi del Tribunale di Rovigo nel Decreto del 02 Maggio 2018. Pres., est. Martinelli che ha sostenuto la concorrenzialità delle disposizioni contenute negli artt. 163 bis e 182 L.F.
Nel menzionato decreto il Tribunale chiarisce che “l’art. 163 bis L.F., nell’imporre la procedura competitiva […] sembra non ostacolare l’applicazione dell’art. 182 L.F., posto che nella sua formulazione muove dal presupposto che l’imprenditore abbia incluso nel piano la cessione della azienda sulla base dell’offerta irrevocabile di acquisto formulata.”.
Il Tribunale sostiene la tesi secondo la quale i due istituti non si antepongono a seconda della fase nella quale è disposta la vendita (l’art. 163 bis nella fase ante omologa; l’art. 182 l.f. in quella successiva), bensì differiscono in virtù del fatto che l’imprenditore abbia considerato l’offerta irrevocabile ricevuta presupposto del proprio piano o meno.
Pertanto laddove, come nel caso di specie, non vi siano state proposte alternative e si voglia comunque ritenere inefficace il contratto ripassato con il terzo (anche se garantito), evidentemente bisogna considerare che il complesso aziendale poteva esser ceduto attraverso la procedura prevista dall’art. 182 LF.
Si deve ritenere che l’art. 182 LF debba applicarsi ogni qual volta sia prevista una forma liquidatoria “generica” nella procedura concorsuale e non, invece, nelle situazioni in cui permangano specifici contratti e/o obbligazioni che restano validi ed efficaci nel caso in cui nessuno partecipi alla procedura competitiva ovvero pervengano offerte condizionate o “non conformi” al decreto.
Né potrebbe farsi valere una interpretazione differente.
Conclusioni.
In conclusione, non può esimersi dal rimarcare a chiare lettere come la formulazione dell’art. 163 bis LF sia poco chiara e che la sua applicabilità vada sottoposta alla analisi del caso concreto “in quanto compatibile”.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, si ritiene che l’unica interpretazione conforme alla ratio della norma non possa che essere la seguente.
In caso di mancanza di “offerte”, l’art. 163 bis LF non trova applicazione, in quanto incompatibile con la procedura, e rimangono in vita eventuali contratti o atti stipulati prima della proposizione della domanda sulla scorta di una valutazione comparativa delle conseguenze negative che la risoluzione del contratto in essere potrebbe arrecare alla ricorrente nonché alla massa dei creditori (i.e. fallimento) rispetto ai vantaggi di cui le stesse parti potrebbero beneficiare in caso di sopravvivenza del contratto in essere, previa verifica della stima del valore applicato nonchè analisi degli effetti migliorativi per la procedura.
Nessuna deroga all’applicazione del principio di cui all’art. 163 bis L.F. potrà essere invocata, al contrario, in caso di eventuali offerte che siano pervenute nel corso della procedura e che non siano conformi a quanto richiesto dal Tribunale nel decreto di apertura do che siano state ab origine e arbitrariamente sottoposte a condizioni pregiudizievoli per la migliore soddisfazione della massa creditoria.
Troveranno in questo caso, legittimamente, applicazionegli artt. 72 e ss. L.F. in ordine allo scioglimento dei contrati nonchè l’art. 64 l.F. in ordine alla loro applicabilità.
In conclusione, non può esimersi dal rimarcare a chiare lettere come la formulazione dell’art. 163 bis LF sia poco chiara, e che l’unica interpretazione conforme al dato letterale ed alla ratio della norma non può che essere la seguente.
In caso di mancanza di “offerte”, l’art. 163 bis LF non trova applicazione, in quanto incompatibile con la procedura, e rimangono in vita eventuali contratti o atti stipulati prima.
Non invece le eventuali offerte che siano pervenute nel corso della procedura ma che non siano state rispettose del decreto di apertura della procedura del Tribunale o che siano state sottoposte a condizione.
Pertanto si applicheranno, nel successivo fallimento, gli articoli 72 e s.s. LF in ordine allo scioglimento dei contratti e/o alla loro revocabilità ex art. 64 e s.s. LF.