L’ultima volta che abbiamo assistito ad un tale intervento nel diritto societario era il lontano 2004 e all’epoca le ragioni che spinsero a quell’evoluzione furono di tipo emergenziale, sulla spinta del traumatico crac Parmalat e sulla promessa di un “mai più”.
Questa volta invece lo stimolo è stato spontaneo, endogeno verrebbe da dire, con una serie di richieste del mercato che sono state abbracciate dal Governo ed inserite nel disegno di legge approvato lo scorso 11 Aprile.
Nei fatti, già l’anno scorso si era aperta una stagione di interventi significativi da parte dei principali attori del sistema, interpellati dal Libro Verde sulla competitività dei mercati finanziari, documento realizzato dal MEF a seguito di una consultazione tra tutti gli addetti ai lavori.
La risposta di Borsa e Consob è stata quella di modificare e semplificare regolamenti e prassi, interventi utili e d’impatto, ma deboli in assenza di una riforma legislativa organica sul Testo Unico della Finanza.
In generale, il pacchetto di interventi mira a incentivare la quotazione delle società, e segnatamente delle PMI e alla loro permanenza, cercando di sostenere la competitività e la circolazione dell’azionariato della Borsa italiana, snellendo procedure ed obblighi di Governance e Vigilanza.
Sicuramente il ddl è ricco di novità concrete ed interessanti.
Prima fra tutte, in ordine alla “semplificazione delle procedure di ammissione alla negoziazione”, si riducono gli oneri a carico delle aziende che intendono quotarsi anche grazie alla “dematerializzazione delle quote societarie” delle stesse PMI che come evidente garantiscono una compressione dei costi di emissione e di scambio.
In secondo luogo si permette, grazie all’innalzamento della capitalizzazione massima delle PMI da 500 milioni ad un miliardo, di usufruire delle conseguenti semplificazioni disposte dal TUF.
Sono poi destinate ad avere un vero impatto fondamentale le previsioni che riducono la responsabilità del collocatore e quelle che ridimensionano notevolmente l’intervento della Consob, con espresso rinvio alle norme europee sul punto.
Rilevanti appaiono anche gli interventi in tema di redazione del bilancio che garantiscono la facoltà, per le società aventi azioni su sistemi multilaterali di negoziazione, di adottare i principi contabili internazionali.
Per rendere proficua questa riforma sono state anche realizzate delle misure volte a dirottare il risparmio privato verso le imprese. Su tutte una norma mira a facilitare la partecipazione degli investitori istituzionali nei mercati regolamentati, estendendo la qualifica di investitore professionale di diritto privato anche agli enti previdenziali privati e privatizzati, che potranno quindi operare secondo le stesse regole semplificate previste per banche, assicurazioni, fondi pensione, ecc.
Inoltre, appare utile l’apertura dello strumento Patrimonio rilancio di Cassa Depositi e Prestiti, istituito dal Decreto Rilancio (dl n. 34 del 2020), alle società nate da fusioni o scissioni ma con bilanci certificati da un revisore contabile e alle imprese che non abbiamo subito sanzioni o sentenze di condanna.
In ultimo, ad aver fatto molto rumore sono le previsioni in ordine alla Governance della società, ove si è previsto la facoltà di attribuire fino a 10 voti alle azioni a voto plurimo nelle società non quotate, cancellando quella forse troppo eccessiva prudenza introdotta nel 2014 e che in molti altri paesi non vi è mai stata.
In conclusione, l’effettiva portata delle nuove leggi sarà determinabile solo nel corso del tempo e sebbene ci sia sempre un grande entusiasmo attorno alle riforme che riguardano la semplificazione nel diritto societario, è importante valutare attentamente il loro impatto a lungo termine. Invero, qualcuno ha già lamentato come a fronte di tiepidi vantaggi, o quantomeno impattanti nel concreto solo per pochi, si aprono per converso dei vulnus pericolosi, come è l’eliminazione della presunzione di colpa in capo al responsabile del collocamento in un’offerta al pubblico per il caso di informazioni false che rischia di aprire la strada a moral hazard di varia natura.
In aggiunta, il disegno di legge prevede di reintrodurre una norma temporanea dell’emergenza Covid che permetterà, per un periodo di due anni, di aumentare il capitale sociale con una maggioranza semplice invece che con quella dei due terzi e questo inevitabilmente a danno, o quantomeno a rischio, dei soci di minoranza, perché inevitabilmente le azioni vengono riservate o agli azionisti di controllo o a soggetti loro vicini.
Luca Di Norscia